Una lunga storia di sapori
La millenaria mescolanza di razze e tradizioni ha condizionato la storia e la gastronomia della provincia di Trapani.
I Fenici capirono per primi la versatilità del suolo e le potenzialità offerte dal mare.Particolarmente ricco è l’apporto degli arabi, che si fermarono sull’isola dall’inizio del IX secolo fino all’anno mille.La cucina trapanese acquista una propria identità, molte ricette apparentemente di importazione araba furono invece perfezionate dalla seconda e dalla terza generazione di arabi siciliani. Di origine araba è il cuscus, il piatto simbolo di gran parte della provincia. Ma è con gli spagnoli che fuochi e cibo si elevano a gastronomia. Le tortillas diventano frittate, l’aglio ispira una classica pietanza trapanese, la pasta cu l’agghia (pasta con l’aglio). Con questo persto a base di aglio,pomodoro, basilico e olio extravergine, che nell’ericino si arricchisce di mandorle tritate, si condiscono due specialità di pasta fresca:le busiate e gli gnocculi cavati a mano.
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Il ‘900 è alle porte. La riscoperta dei prodotti della campagna e del mare rimarca i confini fra due cucine differenti, unite dalla prevalenza del piatto unico. Nella fascia costiera il cuscus con il pesce, la pasta con le sarde e il pesce fritto. Nell’entroterra la pasta condita con il ragù di coniglio, di pollo o di capretto. Esistono anche ricette rubate alla gastronomia marinara, rimaneggiate utilizzando prodotti della terra. Un esempio è il cuscus, nelle varianti con carne di maiale e cavolfiori, con le verdure e con le lumache. La pasta con le sarde si può fare anche con le sarde a mare, utilizzando quelle sotto sale………..E il vino. Trapani offre un’estesa varietà di vitigni, le DOC della provincia: Erice, Alcamo, Salaparuta, Marsala, Moscato e Passito di Pantelleria. E poi i vitighi autoctoni e internazionali: Nero d’Avola, Insolia, Catarratto, Grillo, Grecanico, Trebbiano, Cabernet, Syrah, Merlot e Chardonnay.
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Trapani, il mare è l’entroterra
E’ tra le viuzze del centro storico di Trapani, che si colgono i profumi di questa città. Il cuscus è una bandiera spiegata fra queste suggestioni. Un piatto intimamente legato alle tradizioni della città, anche sotto il profilo sociale.
Un altro caposaldo della cucina marinara è la ghiotta, la zuppa tipica trapanese: olio, cipolla, aglio, pomodoro fresco e pesci di ogni tipo. Il tonno è la vera testa coronata di questa gastronomia, una scia di sapori che da Trapani dilaga in tutta la Provincia. Si gusta al ragù, con la salsa di pomodoro, oppure al forno con cipolla abbondante e vino. Il taglio più magro, la cosiddetta tunnina, si mangia fritto con la cipolla. Con la parte finale, vicino alla coda, si ottiene un’ottima base per le polpette.
Il mare, particolarmente pescoso, offre sul mercato tanti altri prodotti. Pesciolini minuti, qualità pregiate come aragoste, merluzzi, gamberi e polipetti.
Non meno importante è la cucina dell’entroterra che predilige le verdure, i formaggi, le uova, le carni. Piatto forte della tavola contadina è il castrato allabracie. Ma è per le polpette che i trapanesi hanno una vera passione. Si fanno con i cavolfiori, il finocchietto selvatico, le sarde, le melenzane, il baccalà, la carne di maiale. Naturalmente è il pane ad onorare degnamente sughi e brodetti. La tipica forma trapanese è la vastedda cosparsa di giuggiulena (sesamo) o con cimino (semi di anice). Ancora calda, è squisita cunzata (condita) con olio, sale, pepe e origano o aggiungendo, a piacere, pomodoro, filetti di acciuga e formaggio primo sale.
Le pizzerie propongono la rianata, la pizza trapanese con sarde salate, pomodoro, prezzemolo, origano, aglio e pecorino.
Una enorme ricchezza nel panorama gastronomico locale sono i dolci. Oltre a quelli classici, cannoli di ricotta e cassate, esiste un’infinità di generi di pasticceria: pesche colorate di alchermes e ripiene di ricotta, sfincioni di San Giuseppe etc…
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Erice, a tavola con il mito
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La pasticceria ericina ha origini lontane, non c’era casa umile o patrizia sprovvista di forno a legna,dove venivano preparati dolci a base di ricotta, crema pasticcera, mandorle, marmellata di agrumi. Ma erano soprattutto i conventi i depositari di molte ricette. Le suore di clausura di San Carlo e di Santa Teresa, sfornavano pasticcini e biscotti, la cui fama toccava ogni angolo della Sicilia.
Da una moderna rilettura delle ricette dei conventi sono nate le genovesi con la crema, i brutti e belli, i sospiri, le palline all’arancia, i dolcetti di mandorla al liquore.
Verso l’interno il paesaggio cambia radicalmente. I terreni che si dipanano fra il sale e le colline sono coltivati prevalentemente ad aglio e meloni. L’aglio rosso di Nubia raccolto fra marzo e giugno, è indispensabile nel pesto alla trapanese e nel cuscus. I meloni sono uno dei prodotti più longevi dell’agricoltura trapanese. Il melone giallo di Paceco è una delizia affogato con il Marsale o più semplicemente in un buon bicchiere di vino vecchio,o nel gelato.
Il Marsala è molto più di un vino. Accostare le labbra a questo straordinario nettare liquoroso vuol dire legare il palato alla storia. Battaglie, rivoluzioni, alleanze, strategie, nessun vino è stato così presente nei momenti cruciali del passato. È una sorpresa con i formaggi a pasta dura. Secco è ottimo come aperitivo o con i biscotti coi fichi. Ideale, con alcuni piatti tipici: ghiotte di pesce (superiore riserva) e castrati alla brace (vergine stravecchio). Fuori pasto è un eccellente vino da meditazione, meglio se in compagnia di un quadrato di cioccolato o di un buon sigaro.
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Valle del Belice la colazione dei pastori
Qui la provincia appare più che altrove divisa in due: in basso la zona costiera e l’imminente entroterra, al centro la polpa, il Belice. È, ovunque, praterie batture da ovini e caprini, la vera ricchezza di questo territorio. Da questi pascoli nasce la Vastedda del Belice, una prelibatezza inserita a pieno titolo nella mappa dei formaggi italiani di rango, l’unico a pasta filata prodotto esclusivamente con latte ovino crudo.
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La festa del Cous Cous, San Vito Lo Capo
Fra San Vito Lo Capo e Scopello è un saliscendi di emozioni. La lunga spiaggia bianca brunita dal riverbero del sole, taglia in due la scena: da un lato il paese con le case basse dei pescatori, gli alberghetti e la passeggiata con i ristorantini e i tavolini all’aperto; dall’altra parte il faro, le torri, le montagne che precipitano giù dal cielo in acrobatiche ombre che laccano il mare. È sullo sfondo di queste suggestioni che a fine settembre per le strade di San Vito Lo Capo va in scena il Couscous Fest, una kermesse gastronomia che per sei giorni trasforma il borgo marinaro in un immenso laboratorio di gusto.
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Egadi, tra perle da mangiare
Un paradiso terrestre in mezzo al blu, a nove miglia da Trapani. La gastronomia è incentrata soprattutto sulla pesca del tonno, una risorsa di primaria importanza. Innumerevoli le ricette: a ragù sui rigatoni, in polpette, al forno, in agrodolce, con le erbe di montagna, a falso magro, a stufato, alla matalotta, in involtini, a tortino. Vero capolavoro sono le fra scatole, grosse palline di semola, in brodo di aragosta.
E poi, naturalmente, le pastasciutte: con la bottarga di tonno, con le patelle, con il ragù di grongo, con le uova dei ricci. E il cuscus con i pesci.
Marettimo è un incessante susseguirsi di pianure rigogliose e inaspettate fughe verso l’altro, pareti rocciose che si allungano in prospettive dolomitiche. Una bandiere è la pasta fresca col sugo di aragosta, una simbiosi ideale di semplicità e gusto. Il cuscus si prepara anche con gli scampi.
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